Ho conosciuto Yumi Karasumaru in occasione della mostra Ritratti d’Infanzia. Abbiamo letto insieme alcuni albi illustrati ai bambini, io in italiano, lei in giapponese, ed è stato un successo. Perché Yumi è bravissima ad interagire con loro. Agli eventi, alle presentazioni, arriva con bellissimi kimono. I capelli raccolti, un volto apparentemente impassibile che mi ricorda quello di una nyngyo, una bambola giapponese con il viso di porcellana.
Yumi è nata Osaka, vive a Bologna da tanti anni e ha una laurea all’Università d’arte di Kyoto e un diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Pittrice e performer, guarda il suo paese d’origine dall’esterno, sviluppando un punto di vista differente, altro. Lo rappresenta attraverso opere di straordinaria originalità, partendo da immagini prese dalla stampa o da raccolte private. Rielabora il soggetto creando mappe geografiche di numeri a cui associa colori catalogati metodicamente.
Colori tenui e artificiali, tinte che contrappongono la dolcezza stucchevole di una caramella all’amarezza di fatti tragici, storici o di cronaca, raccontando di un Giappone lacerato, con un trauma profondo che non riesce a dimenticare.
Si è conclusa da poco al MAMbo, la sua mostra Facing Histories, inaugurata con una performance il 6 agosto scorso, anniversario della bomba atomica su Hiroshima. L’artista ha lavorato per diversi anni su questo doloroso avvenimento, prima con Atomic Series del 1995 e Modern Crimes del 1999 e poi dal 2015 con una serie di piccoli dipinti, di cui la mostra al MAMbo è una selezione. Ritroviamo immagini molto note, come il fungo atomico e la foto del pilota Paul Garfield Tibet Jr, onorato con la medaglia al merito subito dopo aver sganciato la bomba .
E l’orologio fermo alle 8.15, il momento dell’esplosione a Hiroshima.
C’è anche la pioggia nera, che qui invece è rappresentata in toni pastello, colori irreali come quella pioggia è probabilmente sembrata a chi stava sotto quel cielo nero.
Ma ci sono anche immagini, di volti e oggetti, che raccontano storie, come quella della moglie e del figlio del Luogotenente Fuji. Era un insegnante alla scuola dei piloti. Insegnava ai futuri kamikaze, ma non poteva esserlo lui stesso, a causa dei doveri verso la famiglia.
Per lasciarlo senza queste riserve, la moglie si è uccisa assieme ai due figli piccoli, affogandosi in un fiume.
In mostra anche opere tratte dalla serie di poesie sulla bomba atomica di Sankichi Tage (1917-1953).
Yumi ha incontrato una delegazione di bambini italo/giapponesi per una visita guidata alla mostra. Le ho chiesto come hanno reagito alle immagini esposte e come ha trovato le parole per raccontare di un evento così tragico. Yumi ci ha detto che è stato un incontro tranquillo, i bambini non erano spaventati, l’arte per lei è terapeutica e permette di veicolare ai bambini contenuti difficili.
L’evento conclusivo di Facing Histories, è stato la presentazione di KOROSU. Io uccido, edito da Kappalab, la realtà editoriale creata dai famosi “Kappa Boys” di Bologna, che dal 1989 hanno contribuito al successo dei manga in Italia. Il libro raccoglie i testi di vent’anni di performance di Yumi e una selezione dei suoi lavori, compresa una bellissima gallery a colori di 8 pagine. Un libro che si legge in un soffio, con una strana sensazione di Stupore e tremori, per dirla come Amélie Nothomb.
Alla presentazione è stata annunciata anche la collaborazione dell’artista con il brand Pop design di Ferrara per Yumi’s Design Watch. Una limited special edition: solo 100 pezzi di un orologio realizzato in TYVEK® .
Io ovviamente ce l’ho.
Per conoscere meglio il mondo di Yumi Karasumaru vi invito alla visione di questo video-documentario a cura di Alessandro Sibilia, regia, fotografia e montaggio di Alessandro Zanasi, che racconta molto bene della sua vita d’artista. Un’ incursione nell’infanzia di Yumi e nel suo studio, alla scoperta della sua tecnica e della ricerca del “suo” colore originale.